Le origini

Uno dei settori più celebri per essere affetto dalla pirateria è certamente l’industria musicale. Alla fine degli anni ’90 i file musicali, data la loro dimensione ridotta (grazie all’invenzione del formato .mp3), erano facilmente scambiabili online dagli utenti, anche con le ormai superate connessioni a 56k. Una delle prime piattaforme a divenire nota al di fuori del mondo degli addetti ai lavori è stata Napster, che fu in breve tempo costretta a chiudere dalle numerose cause giudiziarie in cui venne implicata. Naturalmente, dopo la scomparsa di Napster, il suo posto è stato occupato da una moltitudine di nuove piattaforme di file sharing, che ad anni alterni sono state il canale preferenziale per il download di brani musicali da poter ascoltare nei propri lettori cd o, negli anni successivi, nei propri lettori di file .mp3 o iPod.

I protagonisti della pirateria dei primi anni 2000 sono state le piattaforme come eMule, Limewire e i siti di download di file Torrent, quali thePirateBay e molti altri. Tuttavia, la pirateria musicale online ha subito un notevole cambiamento da quando hanno iniziato a diffondersi le piattaforme legali di streaming musicale, favorite dalla portabilità degli smartphone e da piani telefonici che garantiscono agli utenti di poter usufruire di una libreria quasi infinita di brani musicali ovunque essi si trovassero. Molti analisti hanno sostenuto, nel corso degli ultimi anni, che la diffusione dello streaming legale avrebbe segnato la graduale scomparsa della pirateria che colpisce il settore musicale. Tuttavia, la pirateria che colpisce il settore musicale non è scomparsa, si è solo ridimensionata.

Pirateria fai da te

Per sopravvivere, la pirateria ha dovuto adattarsi alle nuove condizioni del mercato, sfruttandone le sue falle. Per esempio, rispondendo anche ai bisogni degli utenti decisi ad ascoltare brani non disponibili su una data piattaforma (es. fino a qualche mese fa, le opere di Lucio Battisti non erano presenti su Spotify).

Per rispondere a questa “esigenza” sono nati centinaia di servizi illegali che permettono di generare un file dal contenuto pubblicato sulla piattaforma di streaming o su YouTube. La nuova frontiera della pirateria musicale è perciò quella che permette all’utente finale di generare istantaneamente il proprio file illegale a partire da un link che fa riferimento un contenuto presente sulle principali piattaforme presenti sul mercato, evitando dunque di scaricare passivamente un file generato e messo a disposizione da un terzo.

Piratare le piattaforme

Un’altra frontiera della pirateria è quella di violare i termini di servizio delle piattaforme di streaming legale per consentire a più persone di utilizzare il medesimo abbonamento illegalmente oppure promuovendo la diffusione di versioni “piratate” dell’app o lo sfruttamento di bug delle piattaforme. Anche se tali metodi non impattano direttamente sul bilancio delle major e dei produttori musicali (e di conseguenza di band e artisti), colpendo le revenues della piattaforma, indirettamente le perdite saranno percepite anche da tutto l’indotto.

Motori di ricerca e siti web

Come accade per gli altri tipi di pirateria, anche quella che colpisce il settore musicale ha ancora nel suo armamentario migliaia di siti web comodamente raggiungibili dai motori di ricerca. Tuttavia, cliccando su questi link, l’utente può finire su siti scam, cadere vittima di truffe o entrare in loop infiniti di landing page che richiedono i suoi dati personali alternate a banner pubblicitari utilizzati dai pirati per monetizzare.

Come intervenire

Come indicato nell’articolo sulla pirateria che colpisce il settore dell’editoria, le strategie per contrastare il fenomeno sono le seguenti.

  • Rivolgersi alle autorità (principalmente Polizia Postale o Guardia di Finanza) o sperare in azioni proattive da parte di queste ultime;
  • Richiedere supporto a una società in grado di individuare efficacemente i contenuti illeciti, monitorare la comparsa di eventuali nuovi contenuti illegali e di rimuovere gli stessi attraverso segnalazioni agli internet service provider. Per avere maggiori informazioni sulle procedure sopraindicate, è possibile inviarci un messaggio attraverso il nostro form dei contatti o scriverci una mail a protection@argobs.com.